Jazz Passion: Un successo il doppio concerto ai Celestini

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Domenica 21 aprile a Bergamo, nella Chiesa di San Nicolò ai Celestini, il concerto Jazz Passion alle 16.00 con replica alle 20.00 di fronte ad un fittissimo pubblico dapprima stupito ma poi in grado di farsi coinvolgere dalla multiformità della proposta.

 

Direttore artistico Alessandro Bottelli.

Il concerto era anche in ricordo di Marco Giovanetti (1960-2019) ed aveva lo scopo benefico di sostenere il ‘Progetto Donna’ che le Suore Sacramentine portano avanti a Saavedra, in Bolivia.

 

Jazz Passion: incontro al vertice di due mondi

Un successo il doppio concerto ai Celestini

 di Francesco Chiari

Non da oggi il jazz e i testi sacri del cattolicesimo hanno incrociato le loro strade, se solo pensiamo ai lavori di personaggi come Mary Lou Williams, Dave Brubeck – ambedue cattolici, va detto – e Paul Horn: di quest’ultimo ho un ricordo di bambino, un LP RCA uscito da noi nel 1965 col titolo in italiano ‘La Santa Messa e il Jazz’, cui collaborava Padre Norman O’Connor, sacerdote amante del jazz e titolare di un influente programma radio. Detto per inciso, dopo questo Paul Horn si imbarcò in tutt’altre avventure, come un album di solo flauto registrato dentro la piramide di Cheope…

Le premesse per un ulteriore incontro c’erano tutte, ma bisogna considerare come già negli anni dei primi esperimenti citati il jazz si stesse espandendo in mille rivoli talmente diversificati che l’idea di ritrovare un nuovo possibile comune sentire sarebbe sembrata un’idea quanto meno azzardata; qui entra in scena Alessandro Bottelli, direttore artistico della manifestazione, che non ha certo paura di prendere qualche azzardo o di offrire proposte sempre stimolanti e mai banali, in quanto a lui si deve l’idea ed il progetto originali di Jazz Passion, con musiche di Eloisa Manera, presentato in prima nazionale domenica 21 aprile a Bergamo, nella chiesa di San Nicolò ai Celestini, in concerto alle 16.00 con replica alle 20.00 di fronte ad un fittissimo pubblico dapprima stupito ma poi in grado di farsi coinvolgere dalla multiformità della proposta. Il concerto era anche in ricordo di Marco Giovanetti (1960-2019) ed aveva lo scopo benefico di sostenere il ‘Progetto Donna’ che le Suore Sacramentine portano avanti a Saavedra, in Bolivia.

Come illustra Eloisa Manera nella presentazione, ‘la Passione si articola in 7 brani per 7 strumentisti: voce, violino, flauto, clarinetto basso, violoncello, chitarra e batteria’; non casualmente il numero 7 è uno dei quattro brani su cui si fondano sia la Bibbia che la Commedia dantesca – gli altri sono il 3, il 12 e il 40 – ma rimanda anche ad una intensa composizione di Franz Joseph Haydn, Le sette parole di Cristo sulla croce, nel quale un quartetto d’archi si incarica di rappresentare in musica le sensazioni evocate dalle parole di Cristo. Insomma, la proposta arriva veramente da lontano e nello stesso tempo si protende senza timore verso un possibile futuro di compresenza musicale ed umana.

I 7 brani sono nell’ordine Ultima Cena, Getsemani, L’arresto, Ecce Homo, Golgota, Crocifissione, Deposizione, un percorso aperto da un assolo di flauto che inizia a suonare dalla sagrestia per poi unirsi ai compagni di viaggio: sarebbe pura pedanteria cercare di descrivere minuziosamente i brani, dato che il flusso sonoro attinge da varie fonti come il Maqam del Mediterraneo Orientale citato da Eloisa Manera, ma anche lo sperimentalismo contemporaneo, la tradizione chitarristica del jazz di John Abercrombie e Bill Frisell, il vocalismo discendente ‘per li rami’ da Cathy Berberian e Sheila Jordan, ed altre influenze inserite come tessere splendenti in un rilucente mosaico.

Eloisa Manera

La più volte citata Eloisa Manera, oltre a scrivere le musiche e a suonare il violino in uno stile prosciugato e antiretorico, cura anche la direzione del gruppo, riuscendo più volte ad evocare il modo di controllare la musica proposto da un altro violinista, il grande Leroy Jenkins, e Gaia Mattiuzzi è davvero ‘voce’, non ‘canto’, come riportato sul programma, giacché il suo fluido vocalizzare senza parole la rende davvero uno strumento pari agli altri.

Carlo Nicita

Carlo Nicita, al flauto traverso – ed in alcune sezioni al flauto basso – trama disegni incorporei in cui si rifrangono echi della musica europea e suggestioni della musica popolare orientale, Federico Calcagno inserisce con finezza il suo clarinetto basso all’interno di una trama complessa riuscendo a non farsi soffocare e ritagliandosi anche finestre in assolo, Daniela Savoldi al violoncello – cui si affianca in Golgota un breve intervento vocale – sa attingere con pertinenza alle tecniche più disparate, incluso un breve frammento di walking jazzistico, Roberto Cecchetto si muove fra le due influenze chitarristiche citate sopra con grande scioltezza ma nel contempo quintessenziando stili altrui in un alone musicale impalpabile e sempre al servizio del gruppo, ed infine Francesca Remigi alla batteria tratta il suo strumento in maniera al contempo rumoristica, pittorica e perfino melodica, come nell’assolo a mani nude in L’arresto degno esempio del modo ‘totale’ di usare lo strumento insegnatoci da Max Roach.

In definitiva, una proposta davvero stimolante e multiforme, accolta con calore dai presenti; auspichiamo sia che questa esecuzione possa essere registrata, sia che si continui a presentare concerti in sana deviazione dalla norma routiniera.