Fatti storici e di devozione al Santuario

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Ponziano Loverini
La sua attività nel nostro Santuario

Passiamo ora a considerare l’opera di un illustre pittore, molto attivo nel nostro San­tuario e legato al nostro quartiere, nel quale gli è pure dedicato un piazzale, all’inizio di via Corridoni: Ponziano Loverini. Nato a Gandino nel 1845, si trasferì ancora ra­gazzo a Bergamo per frequentare le lezio­ni presso l’Accademia Carrara, dove ebbe come maestro Enrico Scuri. Per circa tre anni soggiornò presso l’albergo dell’An­gelo, ma, quando questo andò distrutto da un incendio, fu accolto in casa dal profes­sor don Antonio Picinelli, celebre architetto, in via santa Caterina n. 9. Il suo legame con il borgo si sarebbe ancor più consolidato in seguito al matrimonio, nel 1880, con la sorella del suo ospite, Orsola: per ol­tre quarant’anni il Loverini abitò in casa Picinelli, quasi di fronte alla Parrocchia, dove aprì anche lo studio, traslocando da lì solo nel 1921, peraltro sempre all’in­terno del borgo, in via Bronzetti. Sarebbe morto improvvisamente nel suo paese na­tale, durante una vacanza estiva, nel 1929.

E’ il 1889 quando il nostro artista lavora nel Santuario: gode già di ottima fama, non solo in città e in Italia, ma anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’Ame­rica. E’ noto, tra l’altro, oltre che per le opere eseguite nella nostra chiesa parrocchiale e in quella di Pignolo e di Trescore, anche per aver lavorato nella basilica di Pompei e per essere stato apprezzatissimo da Papa Leone XIII (la sua tela Santa Grata raccoglie il capo di Sant’Ales­sandro, dono per il Pontefice, è tutto­ra collocata nella Pinacoteca vatica­na).

Un’opera senza dubbio degna di menzione è la Deposizione, affresco posizionato sulla volta dell’altare dell’Assunta, nel transetto destro: Gesù, ormai morto, al centro della scena, è sorretto da Maria e da Gio­vanni, mentre sullo sfondo si notano altri discepoli e alcune donne, tra le quali spicca Maria Maddalena, ripie­gata su se stessa. Colpisce il bianco del sudario e del lenzuolo che avvol­gono Cristo, ripreso poi dagli abiti dei personaggi sullo sfondo, nonché il “gioco” delle varie mani dei prota­gonisti (abbandonate e aperte quelle di Gesù, delicatissime e carezzevoli quelle di Maria e di Giovanni, iner­ti quelle dei discepoli impietriti dal dolore). Colpisce pure il tratto duro ed essenziale, che esprime straordi­nariamente la sofferenza, degli occhi e della bocca dei vari personaggi. E’ un dolore composto quanto inconso­labile, quello suggerito dal Loverini, probabilmente coinvolto intensamen­te da questa scena così toccante, per avere da poco subìto la perdita di due figlioli, morti entrambi in tenerissima età e a poca distanza l’uno dall’altro.

Ai lati dell’affresco principale ne stanno altri due, di dimensioni più ridotte, raffiguranti due angeli ingi­nocchiati, l’uno in preghiera e l’al­tro piangente. Il recente restauro ha riportato in luce l’intenso colorismo, e in particolare lo splendido azzurro cupo dello sfondo.

 

a cura della professoressa Loretta Maffioletti

 

dal bollettino parrocchiale di dicembre 2015

Rubrica sul sito nella sezione Borgo > Storia e curiosità