BORGO INTERVISTE – 9^ PUNTATA – ROBY FACCHINETTI

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Roby Facchinetti, nato a Bergamo nel 1941, è l’inconfondibile voce dei Pooh, gruppo tra i più longevi del pano­rama musicale e quello ad aver venduto più dischi (oltre 100 milioni) tra le band italiane. Originario di Astino, si è trasferito nel Borgo da ormai 30 anni e non si è più spostato.

 

Buongiorno Roby, ci racconti come è nata la tua passione per la musica?

Fin da piccolo sono stato a contatto con la musica, soprattutto grazie a mio nonno materno che era compo­sitore e direttore di coro. A 4 anni per Santa Lucia ho ricevuto il mio primo strumento, un’armonica a bocca, e da allora non mi sono più allontanato dalla musica. In seguito ho avuto modo di studiare la fisar­monica con il maestro Ravasio e poi il pianoforte con il maestro Sala; poi nel ’58 ho iniziato a suonare nel mio primo gruppo, “I Monelli”.

Ed è stato quando ho iniziato ad esi­birmi che ho scelto di chiamarmi Roby, che è un soprannome, perché il mio vero nome è Camillo. Ma Ca­millo non mi sembrava abbastanza rock, mentre Roby suonava più ap­propriato per fare musica.

 

E poi sono arrivati i Pooh, un gruppo che ha fatto la storia della musica italiana e non solo…

Ho iniziato a suonare con i Pooh nel 1966, il gruppo esisteva già da qualche anno ma con un altro nome, si chiamavano i Jaguars. Da allora è nata una storia bellissima che è durata per tutti questi anni e che si concluderà l’anno prossimo a giu­gno con due concerti a Milano, allo stadio San Siro, e due a Roma allo stadio Olimpico. Sarà una reunion, perché oltre a me, Red Canzian e Dodi Battaglia, saranno presenti an­che due membri storici della band, Paolo Fogli e Stefano D’Orazio. Sia­mo sicuri che sarà una grande festa per noi e, vista la risposta in termini di biglietti venduti, anche per tutti i fan che negli anni ci hanno sempre seguito.

 

I Pooh sono uno dei gruppi più longevi della storia della musica, qual è il vostro segreto per essere rimasti uniti per così tanti anni?

La continuità è sicuramente la par­ticolarità della nostra band, ma non credo che esista una ricetta: nel no­stro caso ha contato soprattutto il va­lore dell’amicizia e il grande rispetto che c’è tra di noi; e poi la passione comune per la musica, perché per noi suonare è prima di tutto una pas­sione e poi un lavoro. Se avessimo visto la musica solo come una pro­fessione, probabilmente avremmo smesso 20 anni fa.

Credo che in questi valori, forse an­dati un po’ perduti, si riconosca an­che il nostro pubblico che da tanti anni non ci fa mai mancare un gran­de sostegno.

 

Pur non essendo nato in Santa Cateri­na, ormai sei un “borghigiano” di lungo corso…

E’ vero, da 30 anni ormai abito nella mia casa vicino allo stadio. Da pic­colo ho abitato ad Astino e siccome mio padre ne gestiva la chiesa, a 6 anni sono diventato chierichetto fino ai 12 anni; negli anni ’70 mi sono trasferito a Mozzo e infine nel Bor­go, ormai 30 anni fa.

 

Com’è il tuo rapporto con il Borgo?

Penso che sia una parte della città davvero a misura d’uomo, dove si vive bene, e devo dire che mi piace la vivacità che si è venuta a creare soprattutto negli ultimi tempi, con molti giovani che frequentano il Borgo.

Personalmente mi trovo davvero bene, come tutta la mia famiglia. I miei figli hanno frequentato l’ora­torio e sia io che mia moglie siamo spesso in Santa Caterina.

Devo aggiungere che un contribu­to molto importante alla vivibilità del Borgo arriva da Don Andrea, che considero un ottimo parroco. E’ sempre molto vicino alle famiglie ed è di grande aiuto per tutta la comu­nità.

 

Come trascorri il tuo tempo libero tra i tuoi numerosi impegni?

Come ho detto prima, la musica ri­mane prima di tutto una passione e quindi le dedico anche parecchio tempo libero.

Per il resto amo molto la cucina e il buon cibo; poi, per smaltire quello che mangio, vado a fare jogging nel­le bellissime zone intorno a Valverde e ai piedi di Città Alta.

E poi c’è l’Atalanta, che quando posso seguo allo stadio. E’ un gran­de amore dal quale noi tifosi non ri­usciamo a staccarci, anche se spesso ci fa soffrire.

 

Per l’Atalanta hai anche realizzato i due inni ufficiali.

E’ così: Atalanta Azzurra e Dea. Mi ha fatto molto piacere fare incontra­re due mie grandi passioni come la musica e l’Atalanta, è stato anche un modo per contraccambiare le forti emozioni che negli anni i nerazzurri mi hanno regalato come tifoso.

 

Roby, ti salutiamo e ringraziamo per la simpatia e la disponibilità.

Grazie a voi e un saluto ai vostri let­tori.