Canonizzazione di don Francesco Spinelli sacerdote della terra bergamasca

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Domenica 14 ottobre a Roma, in Piazza San Pietro, Papa Francesco presiederà la canonizzazione di Paolo VI e altri sei beati: Oscar Arnulfo Romero Galdàmez, Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, Nunzio Sulprizio.

Biografia

Sacerdote Francesco Spinelli

Il Beato Francesco Spinelli nasce a Milano, il 14 aprile 1853, da genitori di origine bergamasca. Subito dopo la nascita viene portato a balia a Verdello e affidato alla zia materna, fino al 1855; quindi, con la famiglia, si trasferisce a Vergo, piccolo centro agricolo e successivamente a Cremona.

E’ ordinato sacerdote il 17 ottobre 1875.

Il 15 dicembre 1882, fonda, insieme a Caterina Comensoli, l’Istituto delle Suore Adoratrici, a Bergamo. Preso infatti dalla passione per Dio e per gli uomini, egli dà vita ad un istituto, il cui scopo è “attingere l’amore più ardente dall’Eucaristia celebrata e adorata per riversarlo sui più poveri fra i fratelli”. Egli per primo spende la sua vita in ginocchio davanti all’ostensorio e davanti ai fratelli, in cui vede la presenza di Gesù da amare e da servire con amore e compassione incondizionata.

Il 4 marzo 1889, causa un dissesto finanziario, in cui involontariamente è coinvolto, viene licenziato dalla Diocesi di Bergamo e accolto nel clero di Cremona dal grande cuore di Mons. Geremia Bonomelli e a Rivolta d’Adda continua l’Istituto delle Suore Adoratrici. Lungo la sua vita, costellata di grandi prove, vive e insegna l’arte del perdono più smisurato, perché di fronte al nemico si può applicare solo “la vendetta di un infinito amore”.

Muore il 6 febbraio 1913 a Rivolta d’Adda (CR). Beatificato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992.

Un nuovo inno a don Spinelli è stato recentemente composto da mons. Marco Frisina: “Per amore pane spezzato, fatto dono per l’umanità”.

www.suoreadoratrici.com

 

Il corpo di don Francesco Spinelli, in una nuova urna, nella cappella della Casa Madre delle Adoratrici, a Rivolta d’Adda. Un diamante nuovo, luminoso, prezioso quanto a contenuto ed eloquente quanto a simbolo: è la ricchezza della santità di Dio che prende forma e irradia infiniti colori nella santità dei suoi santi.

L’urna è fissata in modo sospeso, a ricordare che la santità è proprio l’anelito di chi – con i piedi ben piantati in terra – vive con il cuore fisso in cielo. Da lì, in quel suo essere diamante sospeso, ora ancora più forte, don Francesco sembra esortare a non dimenticare che “la nostra vita è tutta in cielo e di cielo!”.