Magistrale esecuzione ai Celestini dell’Ensemble vocale Calycanthus diretto da Pietro Ferrario

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Magistrale esecuzione ai Celestini, domenica 21 gennaio 2024, da parte dell’Ensemble vocale Calycanthus diretto da Pietro Ferrario

di Davide Mutti

Il gruppo corale di Parabiago si è pienamente meritato i prolungati e calorosi applausi da parte del numeroso pubblico accorso ad ascoltarlo. Precisione dell’intonazione e raffinatezza espressiva i tratti salienti dell’esibizione.

Dedicato al commosso ricordo di Marco Dell’Oro, giornalista de “L’Eco di Bergamo” prematuramente scomparso sul finire dell’anno appena trascorso, si è tenuto domenica 21 gennaio nella storica chiesa di San Nicolò ai Celestini in Borgo Santa Caterina – di proprietà delle Suore Sacramentine – il secondo e ultimo appuntamento della rassegna “Celestini in concerto”. Due domeniche tra voci e strumenti”, nata da una felice intuizione di Alessandro Bottelli e volta alla valorizzazione dell’antico complesso conventuale nonché al sostegno del progetto “Kanengo” avviato dalle stesse Suore Sacramentine nelle loro missioni malawiane e finalizzato all’edificazione di una nuova struttura scolastico-assistenziale per bambini.

Alessandro Bottelli

Ad esibirsi in uno sfaccettato programma interamente sacro – non a caso intitolato “Preghiere corali dal Cinquecento ai nostri giorni” – l’Ensemble vocale Calycanthus, realtà corale con sede a Parabiago (Milano) nata nel 1997 per iniziativa dell’attuale direttore Pietro Ferrario, musicista a tutto tondo (pianista, organista, compositore e direttore) sotto la cui guida il gruppo ha conseguito numerosi riconoscimenti in concorsi corali nazionali e internazionali di assoluto rilievo.

Pietro Ferrario

Nel concerto offerto al numeroso pubblico che ha esaurito i posti a sedere disponibili in chiesa, il coro si è distinto per la precisione dell’intonazione (l’intero programma è stato eseguito interamente a cappella), la raffinatezza espressiva – specie nei momenti omoritmici – e la definita personalità delle singole sezioni nei passi contrappuntistici.

Ad aprire il concerto tre mottetti dell’inglese William Byrd – di cui lo scorso anno si sono celebrati i 400 anni dalla morte – che in un’epoca caratterizzata da sanguinarie guerre di religione rimase fedele alla ritualità cattolica e alla lingua latina anche a rischio della sua stessa vita. Di lui si sono potuti ascoltare l’esuberante Sing joyfully, il meditativo Beata viscera e il celebre Vigilate, pagina mirabile per la sua vivida ricchezza descrittiva di taglio quasi madrigalistico.

A seguire le inquietudini romantiche di Johannes Brahms con l’Agnus Dei dalla Missa Canonica: riccamente cromatica e di grande tensione espressiva, fu pubblicata postuma oltre un secolo dopo la sua composizione. Quindi le più distese atmosfere di un altro Agnus Dei, tratto stavolta dalla Messa di Requiem di Ildebrando Pizzetti, autentico capolavoro ancora troppo poco eseguito.

A chiudere la parentesi dedicata agli autori romantici le rasserenate armonie di altri due celebri pezzi: Abendlied di Joseph Rheinberger (sul noto testo tratto dalla pericope di Emmaus) e Bogoroditse Devo di Sergej Rachmaninov (che musica il testo russo dell’Ave Maria).

L’Ensemble Calycanthus – pur caratterizzandosi per una notevole versatilità (oltre a spaziare nei secoli, il suo repertorio dà ampio spazio anche a jazz, pop-music e spiritual) – presta da sempre particolare attenzione alla musica del nostro tempo, ambito nel quale il direttore e i suoi cantori hanno saputo esprimersi certamente al meglio valorizzando l’impianto saldamente tonale di O magnum mysterium del compositore svizzero Ivo Antognini, le inquietudini del belga Vic Nees (De profundis clamavi), le costruzioni canoniche su ostinati del lituano Vytautas Miškinis (Angelis suis Deus) e il rarefatto puntillismo dell’estone Arvo Pärt, padre del minimalismo sacro e dei suoi molti epigoni, il cui Da pacem Domine è stato eseguito dal coro spazializzato in navata con effetto grandemente suggestivo.

In chiusura due lavori dello stesso Ferrario: un Tota pulchra che movendo da atmosfere quasi gregoriane scorre placidamente verso un crescendo espressivo impreziosito da imitazioni e cambi di metro e un Laudate Dominum che sopra un ostinato costruisce un cangiante e sfaccettato percorso modulante di progressiva energizzazione.

Numerosi e meritati gli applausi, ricambiati dal gruppo milanese con l’esecuzione fuori programma del Cantate Domino del gallese Karl Jenkins, travestimento sacro del celeberrimo Adiemus.

Foto di Guglielmo Mazzucconi