Fatti storici e di devozione al Santuario

0
435
La statua di San Matteo

Nel transetto destro del Santuario, accanto alla statua di San Giuseppe e di San Giovanni Battista, si trovano altre due statue di Antonio Rota, sempre in stucco bianco, ritraenti i due Evangelisti – San Matteo e San Giovanni – che furono anche Apostoli di Gesù.

Partiamo da Matteo: l’antica tradizione della Chiesa, attestata sin dal II° secolo d. C., attribuisce concordemente il primo dei quattro Vangeli canonici all’Apostolo Matteo, chiamato anche Levi.

Il testo ebbe una prima redazione in aramaico, la lingua popolare allora parlata, e successivamente tradotto, e probabilmente un po’ modificato, in lingua greca.

Matteo, figlio di Alfeo, era probabilmente di origine galilea e di famiglia benestante.

Fu tra i pochi Apostoli a possedere una certa cultura e ad avere dimestichezza con la scrittura.

Esercitava la professione di esattore delle tasse a Cafarnao: era pertanto un pubblicano e, come tale, assai poco apprezzato dai suoi connazionali.

Com’è noto, la Palestina era all’epoca soggetta ai Romani: i conquistatori inviavano nelle varie regioni annesse al loro impero governatori propri, di solito membri del Senato, ma lasciavano che l’organizzazione della riscossione dei tributi venisse gestita da persone locali, alle quali chiedevano solo di consegnare loro puntualmente le somme destinate, senza curarsi d’altro.

Ecco, dunque, che i cosiddetti pubblicani prendevano in “appalto” la riscossione dei tributi, ed era ben raro che non approfittassero della propria posizione per mettere da parte un bel po’ di denaro, di cui mai avrebbero reso conto ai Romani, interessati a tutto tranne che al benessere dei sudditi o ai loro diritti.

Erano, dunque, odiati in modo particolare perché servi dei dominatori e, spesso, disonesti e rapaci.

Gli Ebrei osservanti, per esempio, non sarebbero mai entrati in casa loro.

Non a caso anche nella predicazione di Gesù i pubblicani sono nominati come peccatori per antonomasia e spesso accostati alle prostitute.

Nonostante ciò, Gesù, quando incontrò Matteo a Cafarnao, intento nel suo lavoro, lo guardò e gli disse solo: “Seguimi”. Matteo, come folgorato, lasciò tutto e lo seguì all’istante (Mt, 9, 9).

Il Vangelo di Matteo, che dedica spazio anche alla nascita ed all’infanzia di Gesù, è rivolto soprattutto agli Ebrei della Palestina, ai quali l’Evangelista voleva dimostrare che Gesù Cristo era veramente il Messia annunciato dalle Sacre Scritture ed atteso da Israele.

Per questo motivo nel suo Vangelo sono molto frequenti le antiche profezie, che si realizzano pienamente in Gesù di Nazaret, di cui, proprio all’inizio del libro, si riporta una lunga genealogia, che, partendo da Abramo, arriva a re Davide e, successivamente, a Giuseppe, sposo di Maria.

Degli eventi della vita di Matteo successivi alla composizione del Vangelo non sappiamo molto: certamente andò a predicare – si dice in Persia, o forse in Etiopia, o in India – e forse morì martire, poiché come tale è venerato dalla Chiesa il 21 settembre.

Il simbolo di Matteo nell’arte è un uomo alato.

 

a cura della professoressa Loretta Maffioletti

 

dal bollettino parrocchiale di settembre 2015

Rubrica sul sito nella sezione Borgo > Storia e curiosità