In ottobre ricorrono vent’anni della presenza di don Edoardo Algeri presso la nostra parrocchia di S. Caterina. Poiché impegnato in diversi ministeri ecclesiali, vorremmo conoscere più da vicino quali sono le caratteristiche del suo servizio alla chiesa e con quale spirito lo svolge.
Come incontrò la parrocchia di S. Caterina quando vi giunse nell’ottobre del 1996?
Quando mons. Amadei mi indicò la parrocchia di S. Caterina per la mia residenza pastorale ne fui lusingato. Conoscevo e stimavo la vita del Borgo già da seminarista, quando venni qualche volta in occasione dell’Apparizione e per i racconti del mio vicerettore di seminario e poi padre spirituale don Gianni Carzaniga. Anche in seminario giungeva l’eco dell’attività e dello stile pastorale di don Silvio Ceribelli e della ricchezza di gruppi familiari e di associazioni che animavano quel periodo ecclesiale. Attraverso le conversazioni con don Roberto Cividini e don Michele Falabretti conobbi anche la stagione di don Cesare Bardoni, intento a dare una centratura parrocchiale a tutta l’attività pastorale.
Arrivai in S. Caterina sostituendo nell’ufficio e nell’abitazione don Emilio Zanoli. Mi fu infatti assegnata la cura dell’Ufficio per la pastorale della famiglia in curia di Bergamo e l’abitazione presso il Santuario dell’Addolorata. Ero lieto di collaborare in parrocchia con mons. Andrea Paiocchi che ben conosceva lo stile di vita del ‘prete di curia’ essendo stato lui stesso collaboratore della curia per una decina d’anni.
In S. Caterina, collaborando con don Andrea, ho vissuto la maggior parte del mio ministero presbiterale. Si tratta di un periodo abbondante ed importante che ricordo con particolare gratitudine per lo spirito di accoglienza e di collaborazione cordiale con cui è iniziato.
Di che cosa si era occupato prima di giungere al Santuario di santa Caterina?
Appena dopo l’ordinazione presbiterale, nel giugno del 1988, sono stato mandato a Roma per completare gli studi in teologia morale ed in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana. L’aver vissuto per alcuni anni in una comunità internazionale mi ha permesso di conoscere più da vicino la Chiesa universale e le diverse culture che proprio in Roma già allora conoscevano un sorprendente intreccio. Numerosi compagni di studio di quegli anni sarebbero poi diventati collaboratori nel ministero pastorale che svolgo in Lombardia e in alcuni consultori diocesani in Italia.
Come impegnò i suoi primi anni della parrocchia di Santa Caterina?
L’attività pastorale nella parrocchia di Santa Caterina si è sempre concretizzata nella celebrazione quotidiana dell’eucarestia e nella collaborazione nei principali eventi liturgici della parrocchia. Ho collaborato qualche volta nell’itinerario di fede in preparazione al sacramento del matrimonio e nella partecipazione ad alcune sessioni del consiglio pastorale parrocchiale quando aveva a tema la pastorale della famiglia. In quegli anni con i sigg. Camponuovo abbiamo accompagnato per un certo tratto alcune coppie chi si erano sposate nella parrocchia di Santa Caterina.
Il mio semplice servizio alla Chiesa si è espresso prevalentemente nell’organizzazione e nella direzione dell’ufficio diocesano per la pastorale della famiglia. L’attività è stata svolta prevalentemente nella curia diocesana in cui coordinavo la preparazione dei diversi itinerari di fede per i fidanzati e per i gruppi di giovani coppie a livello diocesano. Mi è risultata molto arricchente la proposta di momenti di ritiro spirituale con diverse coppie delle parrocchie bergamasche. Nei primi anni del duemila abbiamo realizzato a livello diocesano un’importante ricerca sulle modalità organizzative e sull’efficacia degli itinerari di fede in preparazione al sacramento del matrimonio. La ricerca sugli itinerari per i fidanzati condotta nelle parrocchie della diocesi di Bergamo è divenuta poi la base di una ricerca più articolata estesa a tutte le Diocesi della Lombardia. In quegli anni infatti mi era stato conferito l’incarico di seguire la Consulta regionale lombarda per la pastorale della famiglia. A questo titolo partecipai alla commissione lombarda per la redazione di una guida regionale per gli itinerari di preparazione al matrimonio, pubblicata nel 2001 con il titolo “In cammino verso il matrimonio”.
Ci risulta che fu anche chiamato in seminario diocesano per alcuni compiti formativi. Con che spirito svolse questo incarico?
Nel 2001 mi fu chiesto di trasferirmi in seminario per curare la formazione spirituale dei seminaristi della comunità di teologia. Per qualche anno, e non senza fatica, lasciai la comunità di Santa Caterina per andare ad abitare in seminario, anche se tornavo in parrocchia il sabato e la domenica per la celebrazione dell’Eucarestia.
Il compito assai delicato di padre spirituale sulle prime mi mise qualche preoccupazione, poi ben presto risultò decisamente gratificante: mi permetteva infatti di ascoltare e di accompagnare in prima persona tante storie di vocazione al ministero presbiterale che lo Spirito stava suscitando al servizio della nostra Chiesa diocesana.
I dieci anni trascorsi in seminario sono stati molto arricchenti anche per la mia stessa vita spirituale: ho potuto accostare con più accuratezza numerosi autori spirituali e scritti di santi. In quegli anni è risultata particolarmente fruttuosa la Lectio divina della parola di Dio vissuta insieme ai seminaristi. Essa si è rivelata molto spesso anche uno specchio in cui rileggere la mia stessa vita e la vocazione dei seminaristi che stavo accompagnando in quegli anni. Mi sembrava importante fornire ai seminaristi uno stile di vita sobrio e tenace che li mettesse in guardia dallo ‘spirito del tempo’, che oggi Papa Francesco definisce senza giri di parole ‘mondanità’. Consigliavo i seminaristi di custodire con particolare cura la meditazione della Parola di Dio e la partecipazione attiva all’Eucaristia. Suggerivo di condurre, una volta divenuti preti, una vita non meno impegnata dei loro coetanei sposati, avendo cura di stare accanto alle persone, soprattutto i più poveri, e di custodire sereni e sicuri legami con le famiglie della comunità, specialmente quelle che si incontrano in oratorio.
Ed ora Don Edoardo il suo ministero che forma ha assunto?
Negli anni del mio servizio di padre spirituale in seminario non avevo cessato di svolgere il servizio di direttore dell’ufficio per la pastorale della famiglia in curia. Mi accorgevo però che la cura pastorale delle famiglie non poteva limitarsi all’annuncio del Vangelo del matrimonio della famiglia o esaurirsi della preparazione degli itinerari per i fidanzati e per i gruppi di giovani coppie. Oltre all’annuncio della bellezza del matrimonio occorreva essere accanto alle famiglie anche nel momento della difficoltà o quando si manifestano i primi segnali della crisi coniugale. Mi dedicai perciò con alcuni buoni collaboratori allo sviluppo del consultorio familiare diocesano. Trovammo al consultorio una sede più ampia e accogliente. In quegli anni mi dedicai al reperimento e alla formazione dei consulenti familiari. Grazie alla collaborazione del Dott. Bruno Vedovati, il consultorio diocesano conobbe un repentino sviluppo, tanto che nel 2009 d’intesa con il vescovo mons. Beschi sono state create altre cinque sedi di consultorio familiare. In quello stesso anno ho assunto l’incarico di presidente della federazione lombarda dei centri di assistenza alla famiglia (FeLCeAF) con sede a Milano. Il coordinamento dei 50 consultori d’ispirazione cristiana presenti in Lombardia mi ha chiesto molto tempo e diverse trasferte a Milano. Su suggerimento dei vescovi delle diocesi lombarde ho curato la creazione di alcune fondazioni ONLUS per la gestione partecipata dei consultori familiari di ispirazione cristiana. Questa trasformazione organizzativa ha consentito un notevole risparmio di risorse sul fronte amministrativo, potendole investire più opportunamente sul fronte gestionale. Nel frattempo la rete dei consultori si è andata consolidando ed articolando per offrire alle famiglie servizi sempre più adeguati e qualificati. Il coordinamento e la trasformazione organizzativa dei consultori ha richiesto molte energie ed instancabile passione.Di questo periodo impegnativo riesco a fare oggi una lettura provvidenziale: essere buoni samaritani per le famiglie malcapitate della storia, alle quali il Signore Gesù ci chiede di offrire una locanda sicura e confortevole, affinché le famiglie possono rialzarsi e riprendere il cammino verso quella letizia d’amore alla quale il Signore le chiama. Nel frattempo la Conferenza episcopale italiana mi ha chiesto di seguire come consulente ecclesiastico i duecento consultori diocesani d’ispirazione cristiana sparsi nella nostra lunga penisola.
Se la sente di tracciare un bilancio di questi vent’anni trascorsi in Santa Caterina?
Ritengo che non sia ancora giunto il tempo dei bilanci, tuttavia il tempo vissuto in Santa Caterina nella collaborazione con don Andrea, e con don Carlo, don Antonio e don Angelo al santuario e i diversi curati dell’oratorio è certamente un tempo benedetto e ricco di tante gratificazioni umane spirituali. Mi risulta sempre molto gratificante poter pregare tutti i giorni e celebrare ogni domenica con le famiglie di Santa Caterina, che seppure non conosco tutte singolarmente, mi offrono comunque uno stile di vita cristiana credibile e amabile. D’altronde se le famiglie, pur con le loro prove e difficoltà, sono così belle ed amabili, immaginate quanto non sia ancora più bello poterle servire.
Per i vent’anni di ministero svolto in Santa Caterina posso certamente esprimere gratitudine ai confratelli nel ministero e in particolare al parroco don Andrea che mi ha sempre accompagnato con paziente sollecitudine, offrendomi uno stile pastorale di amore premuroso per il suo gregge, di cui faccio prezioso tesoro. Sono sicuro che la stessa esperienza potremo viverla con don Pasquale che sarà presto parroco tra noi e di cui ho potuto apprezzare la preparazione e la passione pastorale negli anni in cui ho collaborato nel seminario diocesano.
dal giornale parrocchiale di settembre 2016