Ponziano Loverini
La sua attività nel nostro Santuario
Proseguendo con le opere d’arte presenti nel santuario eseguite da Ponziano Loverini, passiamo all’affresco L’Eterno Padre, collocato nella cupoletta del presbiterio. All’epoca della realizzazione di quest’opera, il 1889, l’illustre pittore gandinese, poco più che quarantenne, da parecchi anni vive nel nostro borgo e ha già ottenuto notevoli consensi in tutta Italia e anche all’estero (nel 1899 diventerà professore di pittura all’ Accademia Carrara e successivamente direttore della scuola di pittura della stessa Accademia, incarico che manterrà fino al 1926, tre anni prima della morte).
Se nell’affresco della Deposizione spiccava il bianco del sudario di Cristo, quel che colpisce in quest’altro affresco è sicuramente, nell’immagine di Dio Padre rappresentato nella gloria e circondato da angeli, la luminosità, resa ancor più efficace dalla collocazione dell’opera, illuminata dalle finestre a semicerchio. Il viso e le mani di Dio sono appena accennati in questa grande luce, quasi a voler ricordare il primo elemento naturale creato, cioè la luce stessa (cfr. Gen. I,3: Iddio disse: “Sia la luce: e la luce fu”).
A contornare l’affresco di Dio Padre stanno quattro angeli che portano i simboli della Passione, a ricordare il sacrificio di Suo Figlio Gesù. Anche questi sono costruiti con la stessa tecnica di forte colorismo, ma più notevole è la ricerca della prospettiva e del movimento, così da creare l’impressione di un cerchio di corpi angelici, di nubi e di simboli. Accanto agli angeli ci sono dei cartigli che riprendono i versi dell’inno liturgico del Tempo di Passione, Vexilla Regis. Sotto due angioletti aggrappati alla croce sta dunque scritto O crux ave spes unica (Ave, o croce, unica speranza). Sotto l’angioletto che, a capo chino, innalza il calice, troviamo le parole Sacer cruor fusus agni corpore (Il sacro sangue fluito dal corpo dell’Agnello), mentre sotto quello che, con sforzo, innalza la spugna imbevuta di aceto, è scritto Felle potus ecce languet (Ecco, viene meno dopo aver bevuto il fiele). Il cartiglio posto invece sotto i due angeli che reggono i segni delle torture inflitte al corpo di Cristo – la corona di spine, i chiodi e la lancia – dice infine Spina clavi lancea mite corpus perforarunt (La corona di spine, i chiodi e la lancia trafissero il dolce corpo).
a cura della professoressa Loretta Maffioletti
dal bollettino parrocchiale di gennaio 2016
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